mercoledì 20 maggio 2015

LA GRANDE GUERRA DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA -1


Lo scoppio della Prima Guerra mondiale interruppe un processo di trasformazione  iniziato alla fine del XIX secolo: il fenomeno della migrazione verso ovest.
Circa 30 milioni di persone di spostarono da un paese all’altro dell’Europa, la maggior parte di questi emigranti apparteneva a fasce comprese tra i 15 e i 34 anni di età, va da se che lo scopo era di farsi seguire dalle famiglie non appena insediati nel nuovo paese e con un lavoro in grado di soddisfare le esigenze familiari. Con la mobilitazione militare si intensificarono anche gli spostamenti all’interno di ciascun stato: uomini e donne abbandonavano i luoghi di origine per trasferirsi a lavorare in luoghi remoti o città.
All’inizio degli scontri militari, la famiglia era già mutata se non di diritto almeno di fatto: in parte ciò era dipeso da una minore dimensione sotto il punto di vista del numero dei figli  sia per cause naturali (mortalità infantile che se pure in diminuzione restava uno dei dati più significativi) sia per le politiche di industrializzazione cui tendevano gli stati.

Nonostante i rapporti familiare risentissero delle trasformazioni dovute alla guerra, rimaneva ancora inalterato il primato maschile e quello dei genitori e “vecchi”, in generale alla forte struttura di comando del capofamiglia. La donna doveva rimanere sottomessa e poiché nella maggior parte dei casi la fonte dell’autorità, ossia il marito, era lontana questa passava troppo spesso ai “suoceri” o ai cognati.
La Grande guerra da tanti definita come il vero spartiacque tra mondo moderno e contemporaneo rappresentò anche per le donne un grande cambiamento innescando, in Italia, un’accelerazione del processo di emancipazione iniziato alla fine del XIX secolo. Un cambiamento che segnò una frattura dell’ordine familiare e sociale. Esse infatti si trovano a dover sostituire gli uomini che si trovano al fronte nelle decisioni familiari, nel lavoro in fabbrica e nelle campagne, nelle attività commerciali e formative, nei ruoli istituzionali, nell’educazione dei figli, nel provvedere al “pane quotidiano”. Ovviamente questi compiti si affiancavano ai tradizionali compiti di cura e gestione della casa e della famiglia. Se da un lato questo significò liberarsi dallo stereotipo di “angelo del focolare” dall’altro le caricò di maggiore fatica e responsabilità.
Di fatto le donne dovettero accettare questo genere di responsabilità tradizionalmente maschili, spesso senza poter scegliere né godere appieno dei potenziali e presunti benefici che tali posizioni comportavano. Non fu una strada facile ne sicura: la presenza femminile era vissuta come un sovvertimento all’ordine naturale delle cose: era comunque scomparsa la divisione del lavoro che voleva affidati agli uomini i compiti più pesanti e impegnativi.
L’economia delle famiglie nel primo decennio del XX secolo era basata soprattutto sull’agricoltura, anche se si stava facendo strada l’era industrializzata che si svilupperà maggiormente nel dopoguerra. Le famiglie, comunità produttive erano anche unità di consumo e tutto si aggirava intorno alla fattoria; tutti i membri della famiglia dovevano partecipare alle attività economiche specifiche a seconda dell’età e del sesso.
L’enorme consumo di energie umane innescato dalla guerra, il bisogno crescente di manodopera in tutti i settori (specialmente nella produzione bellica), provocarono una invasione di campo femminile nelle più diverse realtà professionali. Purtroppo a fronte di questo meccanismo non aumentava di pari grado il guadagno e il conseguente potere d’acquisto: anche se le donne che lavoravano in fabbrica, guadagnavano di più di altre rimaste a casa o a curare i campi,  non riuscivano ugualmente a sfamare i figli e gli anziani con il loro stipendio. Ed ecco allora che nell’economia familiare entra un nuovo vocabolo l’arte del riciclo sia per i generi alimentari che per tutto quanto necessario all’economia familiare.

 

 

 

 


mercoledì 22 aprile 2015

SENZA LE DONNE NON CI SAREBBE STATA LA RESISTENZA,PAROLA DEL COMANDANTE BRULOW


“Senza le donne non ci sarebbe stata la Resistenza.” Parola di  Arrigo Boldrini, il comandante Bulow, anche lui come Carla Capponi medaglia d’oro al valor militare della Resistenza. Quando si è trattato di lottare e sostenere una causa di libertà le donne sono sempre state pronte, in prima linea. Tra le migliaia di manifesti che circolavano all’epoca si poteva, tra l’altro, leggere. “ Anche noi siamo scese in campo”, oppure, “ Tutte le donne hanno preso il loro posto di battaglia”.
Anche nella guerra di liberazione, come per i moti risorgimentali e la prima guerra mondiale, l’impegno femminile è stato lungamente disconosciuto. La differenza e che se nell’Ottocento le donne impegnate erano un èlite a combattere il fascismo furono molte di più. I dati dell’Associazione  Nazionale Partigiani d'Italia, se pur in difetto, parlano chiaro. Durante la II guerra mondiale le donne coinvolte furono:

 35 mila le donne che operarono come combattenti
20 mila le patriote con funzioni di supporto
70 mila tutte le donne organizzate nei GDD
4.653 le donne arrestate, torturate e condannate
2.756 deportate nei lager tedeschi
2.900 le donne giustiziate o uccise in combattimento
512 le commissarie di guerra
1.700  ferite

 Un esercito  che fu presente, sempre. Ovunque: come infermiere, staffette, informatrici . Nel giugno del ’44 il Comitato nazionale dei Gruppi di Difesa inviò al Comando di Liberazione nazionale dell’Alta Italia una relazione sulla costituzione e sull’opera dei gruppi di Difesa in cui si legge: All’appello hanno risposto le donne italiane delle fabbriche e delle case, delle città e delle campagne riunendosi e lottando. I Gruppi sono sorti e si sono sviluppati nei grandi come nei piccoli centri. A Milano nelle fabbriche si contano ventiquattro Gruppi con circa due mila aderenti; un ugual numero esiste a Torino e a Genova. […] Sono sorti gruppi di contadine, di massaie, nelle case e nelle scuole; la loro azione viene coordinata dai Comitati femminili di città e di villaggio, regionali e provinciali, attorno alle direttive indicate dal Comitato nazionale.Nella neonata repubblica italiana a fine guerra solo 19 di loro  furono insignite della medaglia d’oro al merito: Irma Bandiera, Ines Bedeschi, Gina Borellini, Livia Bianchi,  Cecilia Deganutti, Paola del Din, Anna Maria Enriquez, Gabriella  degli Espositi Reverberi,  Norma Pratelli Parenti, Tina Lorenzoni, Ancilla MArighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Rita Rosani, Modesta Rossi Polletti, Virginia Tonelli, Vera Vassalle, Iris Versari e ovviamente Carla Capponi.
                            (Emanuela Bruni, Piccolo dizionario delle italiane, ed Mursia 2012)

 

La foto è molto dura, lo so, ma erano quelle che si usavano nella propaganda di guerra! Una vergogna nella vergogna!  La donna impiccata dai nazifascisti ad un albero a Roma proviene dal fondo di Propaganda di Guerra nazista "Deutsches Bundesarchiv",  ed è del 1944. Pubblicata anche su Wikipedia

martedì 31 marzo 2015

COSTANZA BONARELLI TRA RITRATTI E SFREGI BERNINIANI – Il busto del Bargello esposto dalla Fondazione Roma


Dramma della gelosia nei pressi di Vicolo Scandemberg, ai piedi del colle del Quirinale. Lei giovane ed esuberante, lui gran virtuoso dell’arte appassionatamente innamorato. Nascosto dietro ad una finestra Gian Lorenzo ha la prova del tradimento della sua amante. Qualcuno gli aveva riferito, infatti, che la sua amata Costanza oltre a lui ed il marito profondeva le sue carezze anche ad un altro amante. Gian Lorenzo è un "anima dannata", distrutto da quel tarlo , fingendo un impegno fuori città, si nasconde in attesa di veder uscire il  rivale. L’uscio si apre, la sorpresa è grande, sconvolgente: è sgomento non solo perché  in quel momento capisce di dover condividere Costanza con il marito ma anche e soprattutto con suo fratello più piccolo, Luigi. Lei è giovane ed avvenente, di buona famiglia, ha un volto morbido e tondo, sensuale, labbra carnose e morbide, occhi languidi. Gian Lorenzo ha una quarantina d’anni e una carriera luminosa da portare avanti tra mondanità ed ottime conoscenze e committenze. Matteo il marito di lei, fa lo scultore e a quell’ora è a lavoro a San Pietro, nel cantiere di Gian Lorenzo. Fa caldo a Roma, un afa bollente che avvolge tutto in quell’estate del 1638, i clienti, forse disertano la bottega d’arte e lei può concedersi qualche svago in più.
 
 
Tradito, accecato dall’ira il Cavaliere Gian Lorenzo ordina ad un suo servitore di recarsi in casa di Costanza. Il servo bussa, Costanza che si era appena accomiatata dal suo giovane amante lo accoglie. Il servo porge i doni che aveva recato con sé: due fiaschi di vino greco, con i saluti del Cavalier Bernini, avrà detto. Poi ,con fare repentino afferra un rasoio, lo vibra nell’aria e sul suo bel volto, la sfregia. Il significato della sfregio e la cicatrice, come segno visibile, permanente del disonore era del resto un attività molto praticata nel XVII secolo era un modo di attaccare le donne, di solito le prostitute, che della bellezza facevano la loro dote. 
In quella calda mattinata vendetta è fatta, aggredire la bellezza di Costanza non placa però il Cavalier Bernini, che si mette alla caccia del fedifrago Luigi, suo fratello. Lo insegue. Gian Lorenzo vestito di tutto punto in abito da viaggio, Luigi mezzo spogliato. Gian Lorenzo raggiunse il fratello e «con un pal di ferro malamente gli dette, arrivando a romper due coste, e forse l'avrebbe ammazzato se non gli era levato di sotto». In poche ore tutta la città fu informata degli avvenimenti. E lo scandalo fu grande. Bernini è furioso del resto era talmente innamorato di Costanza che nonostante il tanto lavoro di quegli anni, aveva trovato il tempo di ritrarla non solo ad olio ma anche fissando tutte le loro emozioni d’amore sul volto marmoreo di lei. E quel ritratto senza committenza documentata rimase per anni a casa del Cavaliere, sino a quando nel 1639 si sposò, come narra il figlio Domenico nella briografia dell’ingombrante padre. Il Busto di Costanza Bonarelli, custodito al Museo del Bargello in questi giorni è visibile presso la Mostra Meraviglia delle arti- Il Barocco a Roma ( Fondazione Roma, Via del Corso). Bernini da questa storia emerge come un uomo che sa di poter fare quello che vuole perché nessuno oserà toccarlo. Tant’è che le conseguenze di quelle violenze le subirono solo gli altri compartecipi. Il suo fedele servo fu esiliato e suo fratello fu espulso per esigenze di sicurezza a Bologna.
Costanza, invece, condannata per adulterio fu prelevata a casa dagli sbirri e ricoverata nella Domus Pia(Convertite), casa che il Borromeo aveva voluto per convertire le prostitute. Scontata la sua pena tornò a casa dal marito. L’affaire naturalmente ebbe un  enorme rilievo tanto da tirare in ballo Papa Urbano VIII per il tramite del Cardinal Nipote, Francesco Barberini, supplicato d’intervenire dalla madre dello scultore Angelica.  “Il Papa assicurato del fatto, diede ordine, che all’esilio fosse condannato il servo e al Cavaliere mandò per un suo Cameriere l’assoluzione del delitto scritta in Pergamena, in cui appariva un Elogio della sua Virtù degno da tramandarsi alla memoria dei Posteri: Poiché in essa veniva assoluto non con altro motivo, che, perché era Eccellente nell’arte, né con altri Titoli era quivi nominato, che con quelli di Homo raro, Ingegno sublime, e nato per Disposizione Divina, e per gloria di Roma a portar luce a quel Secolo”.  Ma chi era veramente la donna al centro di questo intrigo d’amore? Costanza, ricordata solo nome e cognome di un busto di marmo che suscita stupore e meraviglia  anche per la scelta insolita di quel tempo di ritrarla  discinta e spettinata? Sarah McPhee ne ha ricostruito la storia .Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1645 alcuni documenti la citano come Costanza scultora che lascia presupporre che abbia continuato l’attività di Matteo, scultore ma probabilmente anche mercante d’antichità..

 

lunedì 2 marzo 2015

LA PAESANA DI FRASCATI,UN DISEGNO DI J. LOUIS DAVID AL METROPOLITAN MUSEUM DI NEW YORK


L’arte rococò e d’accademia segnano i primi passi artistici di Jaques Luis David che  a 27 anni, nel 1775, ottenne l'ambitissimo Prix de Rome che gli permise di raggiungere l'Italia dove si trattenne per 5 anni, sino al 1780. Un periodo tormentato e difficile, che finirà con una crisi depressiva, poco soddisfacente dal punto di vista creativo  ma ricco di esperienze fondamentali, come lo studio diretto dell'arte classica, la scoperta dell'arte rinascimentale. Il 2 ottobre di quell’anno David parte per Roma con il suo maestro Vien, appena nominato direttore dell'Accademia di Francia Durante il primo anno di permanenza a Roma, David segue il consiglio del suo maestro di dedicarsi essenzialmente alla pratica del disegno e di studiare attentamente le opere dell'antichità, facendo centinaia di schizzi di monumenti, di statue e di bassorilievi: Ma i suoi progressi sono lenti e difficili: la novità dell'ambiente romano ha e un effetto straniante, quasi paralizzante, sul giovane pittore, tanto da portarlo a dubitare di poter mai migliorare le sue capacità Tuttavia il tratto del suo disegno si trasforma, si fa più incisivo, scabro e si depura della vaporosità del rococò. Sono questi gli anni in cui viene i contatto con le teorie neoclassiche di Winkelmann e Mengs. Tra il 1775 e il 76, realizza questa Paesana di Frascati in cui l’interesse per l’antico si evidenzia dalle scelta della posa, di profilo della modella, come fosse un ritratto da moneta. Il disegno, a sanguigna, che  rimasto nella sua collezione è oggi al Metropolitan Museum di New York ( collezione Wigthman) è uno studio di una donna di una classe agiata come dimostrano i nastri e soprattutto i gioielli indossati. L’attenzione al costume del resto in quegli anni era testimoniato da una notevole produzione di disegni che si traducevano in incisioni di particolare raffinatezza  grafica.  

martedì 13 gennaio 2015

La moda secondo Sonia Delaunay: colori elettrici e disegni astratti


L’arte e la moda, ovvio ma non troppo se si parla della sua maggior interprete, Sonia Delaunay a cui il Museo di Arte Moderna di Parigi dedica la prima grande retrospettiva con 400 opere in mostra: dai primi quadri fauve all’astrattismo, dal cubismo al simultaneismo.
Quadri, disegni ma non solo, in esposizione anche costumi di scena, stoffe abiti e accessori. Sonia Terk, conosciuta ai più soprattutto per il cognome del marito Robert, era nata nel 1885 in Ucraina, fece i suoi primi studi artistici a San Pietroburgo per poi approdare nel 1903 in Germania e successivamente, nel 1906, in Francia, nella Ville lumiere. Arrivata a Parigi viene in contatto con le tematiche del mondo Fauves e in particolare con le opere di Matisse e il primitivismo di Gaugiun.
I suoi primi quadri che rappresentano figure della sua gioventù già evidenziano il suo spiccato interesse per il colore e queste tecniche espressioniste. E’ qui che, nel 1907, conosce Robert, con cui si sposerà nel 1910 avviando un sodalizio culturale e artistico oltre che affettivo sino alla morte di lui avvenuta nel 1941. In quei primi anni entrambi studiano il colore e le rifrazioni della luce,  già orientata verso una pittura di puro colore, Sonia affiancò il marito nelle ricerche sul colore e sulla rifrazione della luce elettrica, in cui l'effetto dinamico è espresso dalle sole variazioni e modulazioni cromatiche per approdare poi al cubismo orfico. Nel 1911 nasce il loro primo figlio e anche il primo copriletto d’arte applicata astratta. Sono del 1913 le prime realizzazioni in stoffa di quelle ricerche condotte sino ad allora su materiali tradizionali.
La sua esperienza si amplia e le ricerche sui contrasti simultanei e le creazioni astratte trovano nuovi supporti come la carta e i tessuti, non disdegnando neppure l’arte grafica e tipografica. Nel 1918, finita la prima guerra mondiale apre a Parigi Casa Sonia, boutique d’arredamento d’interni che presto avrà un notevole successo ampliando i settori d’interesse all’abbigliamento e alla moda. Nello stesso anno, per Diaghilev sarà chiamata a realizzare i costumi per la messa in scena di Cleopatra. Intanto la sua attività nel campo della moda continua. Mette su una squadra di modiste russe intente a tagliare, cucire, ricamare e vara il suo marchio Maison Sonia. Nel suo atelier, chiamato Laboratorio simultaneo, nascono anche le sue prime opere di sartoria di stile "simultaneo". Sono abiti, sciarpe, borse, cappelli, con disegni geometrici e colori basati sulla legge ottica dei contrasti simultanei. Questo tipo di effetto ottico si ottiene quando si accostano tinte tra loro opposte, che se avvicinate aumentano la propria luminosità. Ciò accade soprattutto accostando i colori complementari. La moda diventa il suo dominio incontrastato  che rinnovò profondamente sostituendo alle decorazioni tradizionali i motivi geometrici di sorprendente intensità cromatica, tipici della sua pittura. Nel 1927, per spiegare il senso della propria opera scrisse L'influences de la peinture sur le mode, in cui spiegava "che una tinta che sembra uniforme è formata dall'insieme di una miriade di tinte diverse" è la scomposizione delle tinte in elementi multipli, presi dai colori del prisma. Da questa concezione derivarono abiti fatti sostanzialmente di colori, a cui il taglio semplificato e le fogge diritte offrivano campi perfettamente piani per esprimere al meglio le loro potenzialità di rapporto e interferenza. Nella progettazione di tessuti, abiti, tendaggi e arredamento, Sonia Dalaunay si serve sempre di bozzetti eseguiti ad acquerello o tempera. L'opera di Sonia Delaunay ha avuto un importante impatto anche sulla moda, poichè l'artista si dedicò alla produzione di stoffe stampate e abiti di tendenza astratta. Queste sue creazioni aprono una linea particolarmente innovativa che verrà sviluppata nella moda degli anni '20 e '30, ma sulla quale si ritornerà anche più tardi, come ad esempio negli anni '60.



giovedì 8 gennaio 2015

L’INQUIETUDINE DEI VOLTI DI MARLENE DURAS. Alla Tate Modern di Londra da febbraio


A Febbraio la Tate Modern di Londra dedicherà una grande mostra a Marlene Duras, arista sudafricana nata nel 1953. "Quando vieni dal Sud Africa, sai che una virgola o una parentesi, più o meno, può costare la vita ad una persona" spiega, nel catalogo Suspect, definendosi un'artista socialmente impegnata. A 19 anni, nel 1976, si trasferisce in Olanda studia pittura e psicologia "La mia opera ha sempre avuto aspetti politici, la politica dell'emozione e la politica dell'immagine, non certo la politica dei governi e dei confini, dell'urbanistica e dei partiti come tanta arte che era all'ultima Documenta. Sebbene mi piaccia l'arte documentaria, non sono una giornalista che pretende di essere una testimone oculare dei fatti, o che li catturi quando questi avvengono. Mi interessano le politiche dell'ambiguità, dell'illusione, della pittura e dell'interpretazione" Tre anni dopo il suo arrivo allestisce la sua prima mostra personale, era il 1979 da allora un lungo cammino la colloca tra  le più importanti artiste figurative. "Scrivo d'arte perchè credo. Credo nel potere delle parole particolarmente della parola scritta. Ho visto la gloria e il potere della parola... Scrivo perchè amo le parole. O meglio, cosa è più erotico del sex appeal di un corpo? Il sex appeal di una frase... Scrivo d'arte perchè mi fa sentire al sicuro. E' un privilegio poter leggere ed essere letta... Scrivo del mio lavoro perchè voglio parlare per me. Magari non sarò la fonte più autorevole, o la migliore, ma voglio partecipare alla scrittura della mia storia. Non capisco perchè solo gli esperti possano definire il valore degli artisti...Scriver d'arte chiarisce la mia confusione e le mie contraddizioni...". La figura umana è l’unico soggetto che indaga, in particolare quella femminile. Inquietudine, ansia e in generale un senso di disturbo è quello che suscitano le sue opere, quello che vuole destare ritraendo volti o corpi, interi o a frammenti, in pezzi.
Nel 1989 lavora sulle modifiche al proprio corpo apportate dalla gravidanza e successivamente indirizza il suo lavoro verso il tema dell'infanzia. Le immagini femminili dei suoi quadri provengono in genere da fotografie che lei stessa scatta o strappa da riviste e giornali e successivamente rielabora i suoi dipinti mostrano spesso l’ambivalenza dell’essere umano: il lato violento o mostruoso.
Scrive molto:"Scrivo d'arte perchè credo. Credo nel potere delle parole particolarmente della parola scritta. Ho visto la gloria e il potere della parola... Scrivo perchè amo le parole. O meglio, cosa è più erotico del sex appeal di un corpo? Il sex appeal di una frase... Scrivo d'arte perchè mi fa sentire al sicuro. E' un privilegio poter leggere ed essere letta... Scrivo del mio lavoro perchè voglio parlare per me. Magari non sarò la fonte più autorevole, o la migliore, ma voglio partecipare alla scrittura della mia storia. Non capisco perchè solo gli esperti possano definire il valore degli artisti...Scriver d'arte chiarisce la mia confusione e le mie contraddizioni...".             (Emanuela Bruni)