giovedì 8 gennaio 2015

L’INQUIETUDINE DEI VOLTI DI MARLENE DURAS. Alla Tate Modern di Londra da febbraio


A Febbraio la Tate Modern di Londra dedicherà una grande mostra a Marlene Duras, arista sudafricana nata nel 1953. "Quando vieni dal Sud Africa, sai che una virgola o una parentesi, più o meno, può costare la vita ad una persona" spiega, nel catalogo Suspect, definendosi un'artista socialmente impegnata. A 19 anni, nel 1976, si trasferisce in Olanda studia pittura e psicologia "La mia opera ha sempre avuto aspetti politici, la politica dell'emozione e la politica dell'immagine, non certo la politica dei governi e dei confini, dell'urbanistica e dei partiti come tanta arte che era all'ultima Documenta. Sebbene mi piaccia l'arte documentaria, non sono una giornalista che pretende di essere una testimone oculare dei fatti, o che li catturi quando questi avvengono. Mi interessano le politiche dell'ambiguità, dell'illusione, della pittura e dell'interpretazione" Tre anni dopo il suo arrivo allestisce la sua prima mostra personale, era il 1979 da allora un lungo cammino la colloca tra  le più importanti artiste figurative. "Scrivo d'arte perchè credo. Credo nel potere delle parole particolarmente della parola scritta. Ho visto la gloria e il potere della parola... Scrivo perchè amo le parole. O meglio, cosa è più erotico del sex appeal di un corpo? Il sex appeal di una frase... Scrivo d'arte perchè mi fa sentire al sicuro. E' un privilegio poter leggere ed essere letta... Scrivo del mio lavoro perchè voglio parlare per me. Magari non sarò la fonte più autorevole, o la migliore, ma voglio partecipare alla scrittura della mia storia. Non capisco perchè solo gli esperti possano definire il valore degli artisti...Scriver d'arte chiarisce la mia confusione e le mie contraddizioni...". La figura umana è l’unico soggetto che indaga, in particolare quella femminile. Inquietudine, ansia e in generale un senso di disturbo è quello che suscitano le sue opere, quello che vuole destare ritraendo volti o corpi, interi o a frammenti, in pezzi.
Nel 1989 lavora sulle modifiche al proprio corpo apportate dalla gravidanza e successivamente indirizza il suo lavoro verso il tema dell'infanzia. Le immagini femminili dei suoi quadri provengono in genere da fotografie che lei stessa scatta o strappa da riviste e giornali e successivamente rielabora i suoi dipinti mostrano spesso l’ambivalenza dell’essere umano: il lato violento o mostruoso.
Scrive molto:"Scrivo d'arte perchè credo. Credo nel potere delle parole particolarmente della parola scritta. Ho visto la gloria e il potere della parola... Scrivo perchè amo le parole. O meglio, cosa è più erotico del sex appeal di un corpo? Il sex appeal di una frase... Scrivo d'arte perchè mi fa sentire al sicuro. E' un privilegio poter leggere ed essere letta... Scrivo del mio lavoro perchè voglio parlare per me. Magari non sarò la fonte più autorevole, o la migliore, ma voglio partecipare alla scrittura della mia storia. Non capisco perchè solo gli esperti possano definire il valore degli artisti...Scriver d'arte chiarisce la mia confusione e le mie contraddizioni...".             (Emanuela Bruni)

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