martedì 13 gennaio 2015

La moda secondo Sonia Delaunay: colori elettrici e disegni astratti


L’arte e la moda, ovvio ma non troppo se si parla della sua maggior interprete, Sonia Delaunay a cui il Museo di Arte Moderna di Parigi dedica la prima grande retrospettiva con 400 opere in mostra: dai primi quadri fauve all’astrattismo, dal cubismo al simultaneismo.
Quadri, disegni ma non solo, in esposizione anche costumi di scena, stoffe abiti e accessori. Sonia Terk, conosciuta ai più soprattutto per il cognome del marito Robert, era nata nel 1885 in Ucraina, fece i suoi primi studi artistici a San Pietroburgo per poi approdare nel 1903 in Germania e successivamente, nel 1906, in Francia, nella Ville lumiere. Arrivata a Parigi viene in contatto con le tematiche del mondo Fauves e in particolare con le opere di Matisse e il primitivismo di Gaugiun.
I suoi primi quadri che rappresentano figure della sua gioventù già evidenziano il suo spiccato interesse per il colore e queste tecniche espressioniste. E’ qui che, nel 1907, conosce Robert, con cui si sposerà nel 1910 avviando un sodalizio culturale e artistico oltre che affettivo sino alla morte di lui avvenuta nel 1941. In quei primi anni entrambi studiano il colore e le rifrazioni della luce,  già orientata verso una pittura di puro colore, Sonia affiancò il marito nelle ricerche sul colore e sulla rifrazione della luce elettrica, in cui l'effetto dinamico è espresso dalle sole variazioni e modulazioni cromatiche per approdare poi al cubismo orfico. Nel 1911 nasce il loro primo figlio e anche il primo copriletto d’arte applicata astratta. Sono del 1913 le prime realizzazioni in stoffa di quelle ricerche condotte sino ad allora su materiali tradizionali.
La sua esperienza si amplia e le ricerche sui contrasti simultanei e le creazioni astratte trovano nuovi supporti come la carta e i tessuti, non disdegnando neppure l’arte grafica e tipografica. Nel 1918, finita la prima guerra mondiale apre a Parigi Casa Sonia, boutique d’arredamento d’interni che presto avrà un notevole successo ampliando i settori d’interesse all’abbigliamento e alla moda. Nello stesso anno, per Diaghilev sarà chiamata a realizzare i costumi per la messa in scena di Cleopatra. Intanto la sua attività nel campo della moda continua. Mette su una squadra di modiste russe intente a tagliare, cucire, ricamare e vara il suo marchio Maison Sonia. Nel suo atelier, chiamato Laboratorio simultaneo, nascono anche le sue prime opere di sartoria di stile "simultaneo". Sono abiti, sciarpe, borse, cappelli, con disegni geometrici e colori basati sulla legge ottica dei contrasti simultanei. Questo tipo di effetto ottico si ottiene quando si accostano tinte tra loro opposte, che se avvicinate aumentano la propria luminosità. Ciò accade soprattutto accostando i colori complementari. La moda diventa il suo dominio incontrastato  che rinnovò profondamente sostituendo alle decorazioni tradizionali i motivi geometrici di sorprendente intensità cromatica, tipici della sua pittura. Nel 1927, per spiegare il senso della propria opera scrisse L'influences de la peinture sur le mode, in cui spiegava "che una tinta che sembra uniforme è formata dall'insieme di una miriade di tinte diverse" è la scomposizione delle tinte in elementi multipli, presi dai colori del prisma. Da questa concezione derivarono abiti fatti sostanzialmente di colori, a cui il taglio semplificato e le fogge diritte offrivano campi perfettamente piani per esprimere al meglio le loro potenzialità di rapporto e interferenza. Nella progettazione di tessuti, abiti, tendaggi e arredamento, Sonia Dalaunay si serve sempre di bozzetti eseguiti ad acquerello o tempera. L'opera di Sonia Delaunay ha avuto un importante impatto anche sulla moda, poichè l'artista si dedicò alla produzione di stoffe stampate e abiti di tendenza astratta. Queste sue creazioni aprono una linea particolarmente innovativa che verrà sviluppata nella moda degli anni '20 e '30, ma sulla quale si ritornerà anche più tardi, come ad esempio negli anni '60.



giovedì 8 gennaio 2015

L’INQUIETUDINE DEI VOLTI DI MARLENE DURAS. Alla Tate Modern di Londra da febbraio


A Febbraio la Tate Modern di Londra dedicherà una grande mostra a Marlene Duras, arista sudafricana nata nel 1953. "Quando vieni dal Sud Africa, sai che una virgola o una parentesi, più o meno, può costare la vita ad una persona" spiega, nel catalogo Suspect, definendosi un'artista socialmente impegnata. A 19 anni, nel 1976, si trasferisce in Olanda studia pittura e psicologia "La mia opera ha sempre avuto aspetti politici, la politica dell'emozione e la politica dell'immagine, non certo la politica dei governi e dei confini, dell'urbanistica e dei partiti come tanta arte che era all'ultima Documenta. Sebbene mi piaccia l'arte documentaria, non sono una giornalista che pretende di essere una testimone oculare dei fatti, o che li catturi quando questi avvengono. Mi interessano le politiche dell'ambiguità, dell'illusione, della pittura e dell'interpretazione" Tre anni dopo il suo arrivo allestisce la sua prima mostra personale, era il 1979 da allora un lungo cammino la colloca tra  le più importanti artiste figurative. "Scrivo d'arte perchè credo. Credo nel potere delle parole particolarmente della parola scritta. Ho visto la gloria e il potere della parola... Scrivo perchè amo le parole. O meglio, cosa è più erotico del sex appeal di un corpo? Il sex appeal di una frase... Scrivo d'arte perchè mi fa sentire al sicuro. E' un privilegio poter leggere ed essere letta... Scrivo del mio lavoro perchè voglio parlare per me. Magari non sarò la fonte più autorevole, o la migliore, ma voglio partecipare alla scrittura della mia storia. Non capisco perchè solo gli esperti possano definire il valore degli artisti...Scriver d'arte chiarisce la mia confusione e le mie contraddizioni...". La figura umana è l’unico soggetto che indaga, in particolare quella femminile. Inquietudine, ansia e in generale un senso di disturbo è quello che suscitano le sue opere, quello che vuole destare ritraendo volti o corpi, interi o a frammenti, in pezzi.
Nel 1989 lavora sulle modifiche al proprio corpo apportate dalla gravidanza e successivamente indirizza il suo lavoro verso il tema dell'infanzia. Le immagini femminili dei suoi quadri provengono in genere da fotografie che lei stessa scatta o strappa da riviste e giornali e successivamente rielabora i suoi dipinti mostrano spesso l’ambivalenza dell’essere umano: il lato violento o mostruoso.
Scrive molto:"Scrivo d'arte perchè credo. Credo nel potere delle parole particolarmente della parola scritta. Ho visto la gloria e il potere della parola... Scrivo perchè amo le parole. O meglio, cosa è più erotico del sex appeal di un corpo? Il sex appeal di una frase... Scrivo d'arte perchè mi fa sentire al sicuro. E' un privilegio poter leggere ed essere letta... Scrivo del mio lavoro perchè voglio parlare per me. Magari non sarò la fonte più autorevole, o la migliore, ma voglio partecipare alla scrittura della mia storia. Non capisco perchè solo gli esperti possano definire il valore degli artisti...Scriver d'arte chiarisce la mia confusione e le mie contraddizioni...".             (Emanuela Bruni)